Compositore italiano. Nel 1637 divenne frate francescano e
cambiò il proprio nome originario,
Pietro, in quello di Antonio
(si ignora perché i testi ci abbiano tramandato il nome di Marcantonio).
Dopo un soggiorno a Roma, del quale ci mancano peraltro notizie precise, nel
1645 divenne mastro di cappella nella cattedrale di Volterra e l'anno seguente
prese gli ordini sacerdotali. Nel 1649, quando si trovava a Venezia, compose la
sua prima opera teatrale,
L'Orontea e successivamente, malgrado fosse
entrato in contrasto con i superiori per la sua condotta tutt'altro che
irreprensibile, ottenne il permesso di porsi al servizio, ad Innsbruck,
dell'arciduca Ferdinando Carlo. In quella città
C. compose
L'Argia (1655) e
La magnanimità di Alessandro (1662). Dopo
un breve rientro in Italia, in occasione della rappresentazione a Firenze de
La Dori durante le feste per il matrimonio di Cosimo III con Margherita
d'Orléans, il
C. proseguì la carriera ad Innsbruck,
passando al servizio dell'arciduca Sigismondo Francesco. Nel 1655 fu assunto
dalla corte imperiale di Vienna. Tornato a Firenze alla fine del 1688,
morì dopo neppure un anno, forse avvelenato. A giudizio unanime degli
studiosi,
C. è considerato una delle personalità più
interessanti tra gli operisti della seconda metà del XVII sec.: sia per
il valore intrinseco delle sue opere, sia perché il musicista aretino
ebbe il merito di tentare, spesso con successo, la fusione tra i diversi stili
operistici allora esistenti in Italia. Dotato di uno spiccato senso strumentale,
molto concesse all'aspetto spettacolare della rappresentazione teatrale, come ne
Il pomo d'oro che, rappresentata a Vienna nel 1667 o più
probabilmente nell'anno successivo, ottenne entusiastiche accoglienze (Arezzo
1623 - Firenze 1669).